Scarcerata per “mancanza di indizi”

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    palagiustizia.jpgLa sentenza del Tribunale del Riesame che ha rimesso in libertà l’avvocato bresciano.


    palagiustizia1.jpg(red.) Scarcerata per mancanza di gravi indizi di colpevolezza. Questa la motivazione della sentenza che ha restituito alla libertà l’avvocatocoinvolto nell’inchiesta “Carmine sicuro 2” svolta dalla polizia e finita a domiciliari con l’accusa di concorso in spaccio.
    Il Tribunale del Riesame ha decretato che non esistano elementi in grado di sorreggere l’accusa e giustificare la misura della custodia cautelare.
    Il collegio giudicante ha accolto dunque la tesi difensiva degli avvocati della donna accusata di essersi attivata per far recuperare droga e denaro a persone vicine al suo assistito finito in carcere in seguito ad un’operazione della squadra Mobile. Secondo gli avvocati Cristina Guatta e Luigi Frattini erano diverse le incongruenze e le contraddizioni esistenti nelle prove a carico della loro assistita.
    L’avvocato, dal canto suo, si era sempre difesa parlando di un “equivoco” scaturito dalle intercettazioni telefoniche dei colloqui tra lei e alcuni parenti del suo assistito in carcere.
    Gli avvocati hanno però puntato su due elementi decisivi: innanzitutto i registri con le matricole del carcere che attestano che la donna non era stata colloquio con il suo assistito prima che la droga occultata (oggetto della conversazione intercettata) venisse trovata e venduta, ma piuttosto diversi giorni dopo e che i famosi “documenti” richiesti dall’avvocato ai parenti dell’uomo in carcere non fossero un codice attraverso cui chiedere conto della droga e del denaro, ma semplicemente la cartella clinica del detenuto che avrebbe dovuto sottoporsi, di lì a breve, ad un intervento chirurgico programmato e con la quale avrebbe potuto fare ricorso al tribunale del Riesame.
    martelletto tribunale.jpgAlla luce di questi fatti è stata dunque annullata l’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari firmata dal giudice delle indagini preliminari Roberto Gurini.
    Sulla vicenda è intervenutoanche l’Ordine
    degli avvocati e dall’Unione delle camere penali. Che, in una nota esprime soddisfazione per l’esito positivo della vicenda. “L’ordinanza del Tribunale del Riesame” scrive l’Ordine, “dimostra che l’avvocato è stato accusato ingiustamente di un grave delitto”.
    Il Consiglio quindi “stigmatizza severamente il cattivo costume secondo il quale, da parte della polizia giudiziaria, vengono diffusi ai mezzi di comunicazione i provvisori risultati delle indagini, con l’indicazione dei nomi delle persone coinvolte, rappresentandole come irrimediabilmente colpevoli. Si dimentica in tal modo il principio costituzionale secondo il quale un cittadino sottoposto ad indagine o a processo deve ritenersi non colpevole fino a sentenza definitiva. In questo caso alla grave lesione dell’immagine professionale dell’avvocato inoltre si è accompagnato il discredito che sull’intera classe forense è ricaduto per l’attribuzione alla collega di meschina finalità di lucro radicalmente esclusa dal Tribunale”.
    L’Ucpi sottolinea poi la necessità di usare “la massima cautela da parte di organi di polizia e di stampa” nel diffondere le notizie e i dati delle persone coinvolte.

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