Avvocato arrestato, ora il Riesame

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    palagiustizia.jpgLa difesa ha prodotto le prove sull’innocenza del legale.


    (red.) “Un’accusa destituita di ogni fondamento”. Così i legali dell’avvocato agli arresti domiciliari dallo scorso 5 luglio, nell’ambito dell’operazione della questura di Brescia denominata “Carmine sicuro 2”, si sono rivolti al Tribunale del Riesame per ottenere la censura del provvedimento cautelare e la remissione il libertà della collega.
    Gli avvocati Cristina Guatta e Luigi Frattini hanno presentato una serie di elementi che proverebbero come la loro collega sia del tutto estranea alla vicenda e come manchino prove a suo carico.
    La Procura, nel sostenere l’accusa nei confronti del legale, che assisteva alcune delle persone già in carcere e poi risultate ulteriormente coinvolte in un giro di spaccio che aveva le basi nel quartiere del centro, si affida ad intercettazioni telefoniche tra soggetti vicini all’assistito del legale finito ai domiciliari.
    L’avvocato, secondo l’accusa, avrebbe fatto da intermediario tra gli uomini in cella e i loro contatti all’esterno per recuperare una partita di droga dalla cui vendita ricavare poi l’onorario del legale.
    L’avvocatessa si è sempre dichiarata innocente, parlando di un equivoco in cui sarebbero cadute le indagini a suo carico.
    Per la difesa ci sarebbero elementi che scagionano la donna: innanzitutto  l’incongruenza temporale. Secondo i difensori dell’avvocato, sui documenti dell’ufficio matricola di Canton Mombello (che segna i colloqui avuti dall’avvocato con i suoi assistiti) non ci sarebbero stati incontri in carcere precedenti al ritrovamento della droga non rinvenuta in un primo sopralluogo dalla polizia.
    Per l’accusa, dalle intercettazioni telefoniche, emergerebbe che il legale avrebbe utilizzato una sorta di “codice”, tratto da certificati medici che attestavano che il suo assistito doveva essere sottoposto ad un ricovero medico programmato.
    Per il pm i documenti servivano invece a fornire indicazioni sul nascondiglio della droga.
    La difesa ha però prodotto la cartella clinica del carcerato in base alla quale l’avvocato chiese esplicitamente un “fondo spese” ai suoi interlocutori per l’intervento chirurgico del suo assitito, senza nascondere la richiesta stessa.
    Il tribunale del Riesame ha 48 ore di tempo per depositare il dispositivo con il quale rimettere in libertà l’avvocatessa o respingere il ricorso convalidando la misura degli arresti domiciliari disposta in precedenza.

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