Paura cromo, esposto Legambiente

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    acquagialla.jpgL'associazione si chiede se e quanto le falde acquifere siano contaminate.


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    (s.s.) L’inquinamento da cromo esavalente fa paura a tutti. Per questo, vista la situazione di Brescia, da tempo il circolo cittadino di Legambiente ha puntato i riflettori su questo tema, e pochi giorni fa ha depositato un esposto alla procura della Repubblica, “affinché l’autorità giudiziaria promuova tutte le indagini del caso, che sappiamo essere già in corso, e proceda penalmente nei confronti degli accertandi responsabili” dell’inquinamento, ha spiegato il vicepresidente Carmine Trecroci.
    In questo caso, Legambiente si è costituita parte offesa a nome della cittadinanza. Ma qual è la situazione del cromo esavalente nelle falde acquifere della città? “Rilevazioni condotte dal 2008 al 2010 da parte delle autorità competenti, nello specifico Arpa e comune di Brescia”, si legge nel comunicato diffuso dall’associazione, “hanno evidenziato a più riprese la presenza di cromo esavalente nella falda superficiale e anche in alcuni pozzi di servizio all’acquedotto cittadino, prontamente scollegati da esso, molto oltre i livelli di legge”.
    La responsabilità per l’episodio nella zona di via Orzinuovi, a cui queste analisi si riferiscono, venne imputata all’azienda Baratti che svolge attività di cromatura metalli attraverso trattamenti elettrogalvanici. Nella falda superficiale intorno a questo sito contaminato la concentrazione di cromo 6 è di circa 20.000 microgrammi/litro. Mentre l’Unione Europea fissa in 50 mg/l il limite di tollerabilità per le acque potabili. Tuttavia, ha scritto ancora Legambiente, “l’unica quantità di cromo esavalente nelle acque potabili compatibile con la salute umana dovrebbe essere considerata zero microgrammi/litro”.
    Il cromo 6, infatti, è una sostanza tossica ritenuta cancerogena. Inoltre, “esistono rilevazioni ufficiali che confermano come la concentrazione di questo inquinante nella falda profonda cittadina sia intorno ai 20 mg/litro, significativamente maggiore che in tutte le altre città lombarde”. Proprio qui risiederebbe la preoccupazione maggiore dell’associazione, perché è dalla falda profonda che l’acquedotto comunale pesca l’acqua potabile. E se la responsabilità per l’inquinamento di superficie della Baratti è ormai un caso acclarato, “per quanto riguarda invece la diffusa concentrazione di cromo esavalente nella falda profonda non si possono escludere altri casi, ancora non accertati, di contaminazione industriale locale e un probabile pennacchio vasto di contaminazione da nord, proveniente dalla Valtrompia”, come anticipato nei giorni scorsi da quiBrescia.it.
    Sebbene non sia Legambiente l’istituzione deputata ad intervenire in questi casi, l’associazione del cigno verde ha deciso di non stare con le mani in mano e, oltre all’esposto, ha organizzato un convegno pubblico, la cui data non è ancora stata definita ma con tutta probabilità sarà ai primi di marzo, per parlare dei rischi per la salute derivanti da questo tipo di inquinamento, ma non solo. “Abbiamo invitato degli esperti di tutela della salute affinché ci diano una fotografia dei possibili rischi, mentre altri tecnici ci parleranno della situazione delle falde acquifere della nostra città” ha spiegato Trecroci. Al convegno saranno invitate anche le istituzioni interessate “per avere risposte sulle future iniziative e le bonifiche da intraprendere”.
    “Sappiamo che a Brescia oggi ci sono anche altre emergenze ambientali, quella dell’inquinamento dell’aria sopra tutte”, ha commentato il presidente di Legambiente Brescia Isaac Scaramella, “ma vogliamo sottoporre alla cittadinanza anche questo problema perché, come per l’aria, la soluzione non sarà immediata, quindi è necessario partire il prima possibile con le risposte e le bonifiche”.

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