Garda, la guerra delle discoteche

(red.) Sei persone, tra cui almeno un paio di nomi molto conosciuti nell’ambiente della gestione di locali nel basso lago di Garda, sono state arrestate dalla squadra mobile della questura di Brescia e dalla Guardia di Finanza nell’ambito dell’inchiesta sugli incendi dolosi che nei mesi scorsi sono stati appiccati a due discoteche di Desenzano: il Sesto Senso (leggi qui) e il Lele Mora House (leggi la notizia).
Un pizzaiolo napoletano di 38 anni residente a Sirmione, Ciro Aricò, era già stato arrestato perché considerato il responsabile materiale del rogo al Lele Mora House (leggi qui). Ma ora le indagini hanno fatto emergere nel Basso Garda una sorta di guerra senza esclusione di colpi nel settore dei locali notturni. Con estorsioni di denaro e minacce ai danni dei gestori delle discoteche, spedizioni punitive e danneggiamenti per convincere chi non si piegava alle richieste. E, naturalmente, nel silenzio e nell’omertà di tutti, comprese le vittime.
Nella vicenda sono pesantemente coinvolti Leo Peschiera, proprietario di una casa di produzione discografica e con interessi in vari night e il mantovano Piervittorio Belfanti, molto conosciuto nel settore dello spettacolo e della ristorazione e al tempo, come Peschiera, socio del Lele Mora House. In manette sono finiti anche alcuni componenti dello staff del Lele Mora House: Carmelo Anastasi, Mario Stefano Sacco e Salvatore Aiello.
Quest’ultimo era già stato arrestato nei giorni scorsi per sfruttamento della prostituzione dopo che nel suo locale, il Libertino Club di Sirmione, era stato scoperto dai carabinieri un giro di ragazze dell’Est compiacenti che effettuavano prestazioni molto particolari ai clienti nei privée, al costo di 55 euro.
Secondo l’accusa la banda, dopo aver individuato tramite le riprese della videosorveglianza il responsabile dell’incendio doloso al Lele Mora House, l’aveva catturato e pestato finché non aveva fatto il nome dei mandanti, identificati nel responsabile dei parcheggiatori del  Sesto Senso, Felice Cangiano (ora in manette per il rogo) e nel capo della sicurezza dello stesso locale. I due sono stati a loro volta sequestrati, pestati a sangue e minacciati con le armi, perché rivelassero il nome di chi stava più in alto e aveva ordinato l´attentato.
Tra le accuse, quindi, sequestro di persona, lesioni, detenzione e porto abusivo di arma per le spedizioni punitive e i pestaggi. Ma c’è anche la tentata estorsione per una richiesta di 100 mila euro presentata a titolo di “risarcimento” al titolare della discoteca Sesto Senso, e per le pressioni perché in futuro tenesse chiuso il locale rivale.

 

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