Viale Piave, moschea di nuovo agibile

Il Consiglio di Stato ha ribaltato la sentenza del Tar che aveva respinto il ricorso del centro islamico contro il provvedimento della Loggia.

(red.) C’è un nuovo colpo di scena nella vicenda della cosiddetta moschea di viale Piave a Brescia, edificio utilizzato dall’ Associazione islamica “Minhaj ul quaran” come luogo di culto, anziché come magazzino.
Il Consiglio di Stato ha ribaltato la sentenza con cui, lo scorso 23 giugno, il Tar aveva respinto il ricorso del Centro Islamico Minhaj Ul Quaran proprietario dell’immobile contro la revoca dell’agibilità disposta dalla Loggia.
I locali di viale Piave, inizialmente adibiti a magazzino, sono stati poi trasformati in ufficio, e in ultima istanza a luogo di culto.
Il tribunale si era avvalso del rilievo della polizia locale che lo scorso 13 febbraio, durante un sopralluogo, aveva trovato nello stabile un’ottantina di persone, tra cui molte donne e molti bambini, in un’evidente condizione di sovraffollamento, potenzialmente pericolosa per l’incolumità dei presenti.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto che le ragioni dell’associazione islamica, “appaiono non prive di fondatezza”, e che risulta “prevalente l’esigenza di evitare il grave pregiudizio che deriverebbe all’Associazione istante dalla privazione di una sede già da tempo ultimata e in esercizio, con possibile lesione anche di diritti costituzionalmente garantiti”.
Viene anche disposta la fissazione del giudizio di merito per dirimere la controversia.
Nel Pgt di Brescia, lo ricordiamo, la giunta guidata dal sindaco Adriano Paroli ha posto il veto alla realizzazione di nuove moschee nel perimetro della città.
Il Comitato quartiere sicuro di viale Piave, che più volte aveva richiamato l’amministrazione alle problematiche suscitate dalla presenza massiccia di persone nei locali (fino a 150 secondo i residenti) e a disagi di ordine pubblico, rende noto, attraverso la sua portavoce Sara Balsamo, di “avere preso atto della sentenze e di attendere il deposito delle motivazioni” e di essere pronto a “mettere in atto una serie di iniziative per ribadire, insieme con la libertà e i diritti degli immigrati, anche la libertà e i diritti dei residenti della zona”.

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