Proiettile contro il centro di don Panizza

Il sacerdote bresciano, che lotta contro la 'ndrangheta, era già stato oggetto di un'altra intimidazione lo scorso 25 dicembre. Si indaga a tutto campo.

(red.) Un colpo di pistola di piccolo calibro è stato sparato la notte scorsa contro la finestra del centro che si occupa di assistenza ai disabili ”Dopo di noi”, realizzato dalla comunità di don Giacomo Panizza, sacerdote originario del Bresciano, in uno stabile confiscato alla cosca Torcasio.
Lo stesso stabile era stato oggetto di un’intimidazione la notte del 25 dicembre scorso, quando un ordigno di medio potenziale fu fatto esplodere davanti all’ingresso del centro per minori stranieri. ”E’ una cosa gravissima perchè la pallottola è entrata dritta anche se erano le 4,10 di stamattina e questo ti lascia inerme di fronte alla vigliaccheria”. Così don Panizza, presidente di ”Progetto Sud” ha commentato l’intimidazione subita nella notte, con un colpo di pistola sparato contro una delle finestre della struttura gestita dalla comunità in via dei Bizantini.
”Sì ai servizi. Sì alle manifestazioni, quindi. Le cose che servono”, ha aggiunto, “non si possono non fare. Purtroppo è brutto dire che le pallottole fanno male e che non ci fermeranno. Ma la solidarietà va partecipata e vissuta giorno dopo giorno. E’ il momento di resistere tutti insieme per traghettare un’altra Calabria”.
La traiettoria del proiettile, sparato da una pistola calibro 7.65 contro la finestra della cucina del “Dopo di noi”, il centro ospitato nella struttura gestita dalla “Progetto Sud” di don Giacomo Panizza, prova che chi ha sparato lo ha fatto dall’alto verso il basso.
E’ questo uno degli elementi su cui stanno effettuando le verifiche gli uomini della scientifica della Polizia di Stato. A renderlo noto è stato il prefetto di Catanzaro, Antonio Reppucci, parlando con i giornalisti nel corso del sopralluogo effettuato nella struttura di via dei Bizantini. ”La traiettoria del proiettile”, ha dichiarato testualmente Reppucci, “è dall’alto verso il basso. Certamente non era destinato a fare male. Se è un atto simbolico rimane un atto simbolico e volevano solo intimidire. Dovrebbe essere partito da qualche casa di fronte. Si sta verificando questo. Tutto”, ha aggiunto facendo riferimento all’intimidazione della notte di Natale, “può essere collegato, però in mancanza di indizi e di certezze possiamo solo al limite parlarne. Se volevano, potevano costruire un atto intimidatorio più eclatante. E’ questa la mia perplessità. Se volevano collegare tutto alla marcia di mercoledì, potevano fare qualcosa di più eclatante”.
”E’ prematuro”, ha concluso, “dare una soluzione definitiva o un giudizio definitivo. Io dico: può essere l’atto di uno squilibrato alcolista o che ha assunto stupefacenti come può essere un atto intimidatorio. Se è un atto intimidatorio, però, io dico che non abbiamo paura di niente perchè lo Stato continuerà a reagire. La magistratura con sequestri ed arresti ha fatto un lavoro pregevole e si continuerà perchè bisogna colpire nella tasca questi animali, senza nessuna offesa per gli animali. Per me rimangono delle bestie, degli ominidi senza cervello che non la vinceranno perchè lo Stato non demorderà e farà sentire la sua forza e la sua energie e continuerà a sequestrare e confiscare beni, come è stato fatto nell’ultimo anno: beni per oltre 500 milioni di euro sono stati sequestrati dalla guardia di finanza tra mobili, immobili e denaro. Si continuerà con gli arresti e le operazioni”.
Il presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti, in una nota dell’ufficio stampa, ha espresso solidarietà a don Panizza.
”La comunità calabrese e le sue istituzioni”, ha sostenuto Scopelliti, “sono vicine della comunità Progetto Sud vittima di un nuovo vile atto d’intimidazione. Questi continui gesti da vigliacchi non fermeranno il lavoro di don Panizza a fianco del quale ci schieriamo fermamente contro la ‘ndrangheta”.

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