Omicidio Bozzoli, Oscar Maggi in silenzio davanti al Pm

Il 47enne è stato interrogato nell'ambito dell’inchiesta bis sull’omicidio dell'imprenditore 50enne di Marcheno per la cui morte è stato condannato all'ergastolo, in Appello, il nipote, Giacomo Bozzoli.

Brescia. Si è avvalso della facoltà di non rispondere Oscar Maggi, interrogato nell’ambito dell’inchiesta bis sull’omicidio di Mario Bozzoli, l’imprenditore 50enne di Marcheno scomparso nel nulla l’8 ottobre del 2015 e per la cui morte è stato condannato all’ergastolo, in Appello, il nipote dell’uomo, Giacomo Bozzoli.
L’operaio, 47 anni, è indagato, insieme con Akwasi “Abu” Aboagye e Alex Bozzoli, fratello di Giacomo, in un altro filone della vicenda giuridica, scaturito dopo che la Corte d’Assise di Brescia ha disposto la trasmissione di copia degli atti al pm «per le valutazioni di competenza con riferimento ai delitti di concorso nei reati di omicidio volontario e distruzione di cadavere relativamente a Maggi Oscar, di favoreggiamento personale relativamente ad Akwasi Aboagye Akwasi, di falsa testimonianza relativamente a Alex Bozzoli».maggi era già stato iscritto nel registro degli indagati a dicembre del 2015, due mesi dopo la sparizione di Mario Bozzoli, titolare della fonderia di famiglia, insieme con “Abu” , Giacomo e Alex Bozzoli. Successivamente, ad eccezione di Giacomo Bozzoli, le altre posizioni vennero archiviate.

A Maggi era stata chiesta ragione della fiammata anomala del forno fusorio, secondo gli inquirenti il momento in cui il cadavere di Mario Bozzoli venne fatto sparire dopo l’omicidio, consumato in azienda, e aveva riferito di non avere percepito un odore diverso da quelli solitamente presenti (ovvero combustione di un corpo).
Mentre sulle intercettazioni tra lui e “Abu” in cui rimarcava la necessità di recarsi da Giuseppe Ghirardini (altro operaio della fonderia che venne trovato morto, due settimane dopo la sparizione di Bozzoli, con due capsule di cianuro dello stomaco) aveva spiegato che il confronto sarebbe servito per assicurarsi che Ghirardini non dicesse “bugie” sull’accaduto, coinvolgendoli, affermando anche “di non avere nulla da nascondere” e che la sua presenza in fonderia era dovuta al fatto che, in quel momento, si trovasse lì a lavorare.

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