Uccise l’ex fidanzata e la fece a pezzi, condannato all’ergastolo Davide Fontana

Carol Maltesi venne brutalmente uccisa l'11 gennaio 2022, il suo cadavere fu sfigurato e gettato in un dirupo a Borno. Ciononostante in primo grado vennero negate le aggravanti della premeditazione, della crudeltà e dei futili motivi.

Milano. Per Davide Fontana la condanna è all’ergastolo. A deciderlo è stata mercoledì pomeriggio la Corte d’assise d’appello di Milano, che ha dichiarato colpevole il bancario allora 43enne che l’11 gennaio del 2022 uccise l’ex fidanzata Carol Maltesi e ne mutilò il corpo. La ragione che spinse Fontana a uccidere fu la volontà di Maltesi di trasferirsi a Verona per stare vicina al figlio piccolo.
La donna fu legata, colpita con 13 martellate e poi sgozzata. Fontana ne bruciò il volto e i tatuaggi e poi smembrò il corpo, che nascose nel congelatore. Infine i resti furono messi in quattro sacchi della spazzatura e gettati da un dirupo a Paline di Borno, in Valcamonica. I sacchi vennero recuperati due mesi dopo da un residente che era convinto si trattasse di rifiuti. In quel periodo l’assassino usò il telefono della vittima per fingersi lei e depistare le indagini.
In primo grado Fontana è stato condannato a 30 anni per omicidio volontario aggravato, distruzione e occultamento di cadavere. L’accusa aveva chiesto l’ergastolo con due anni di isolamento diurno, mentre la difesa puntava a ottenere una riduzione della pena attraverso il rito abbreviato, l’impegno del condannato a seguire un percorso di giustizia riparativa e un risarcimento di 60mila euro alla madre della vittima.
La Corte d’assise di Busto Arsizio aveva bocciato la proposta di rito abbreviato e dunque anche la possibilità di uno sconto di pena, ma aveva negato anche le aggravanti della premeditazione, della crudeltà e dei motivi futili e abbietti.
La decisione fu molto contestata perché la premeditazione fu negata in quanto era “ben difficile credere che Fontana avesse covato per lungo tempo il proposito di sopprimere la donna comunque amata“. La crudeltà fu negata dalla corte nonostante l’efferatezza dell’omicidio e delle successive sfigurazioni della salma. I futili motivi infine vennero negati perché ad armare la mano del femminicida fu “la consapevolezza di aver perso la donna amata“.
Mercoledì la Corte di Milano – accogliendo la richiesta dell’accusa – ha riconosciuto le prime due aggravanti e accolto parzialmente la richiesta del sostituto procuratore generale Massimo Gaballo, che aveva proposto il carcere a vita con isolamento diurno. I giudici hanno anche stabilito un risarcimento di 168mila euro alla madre della vittima e una provvisionale di 180mila euro al figlio di 7 anni.

 

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