Lettere al direttore

«La politica europea e le contorsioni di Giorgia Meloni»

Egregio direttore,

È veramente penoso (in primo luogo per loro stessi) leggere i commentatori più “insigni” del giornalismo italiano (da Folli a Franco) e le loro analisi sulla formazione della Commissione europea. In primo luogo il loro assecondare la narrazione di una rivincita della Meloni.
Come se un commissario italiano con una delega di serie B e una funzione esecutiva di coordinamento di deleghe di serie C sia paragonabile al ruolo svolto da Gentiloni. Siamo ai margini. Nulla di più perspicuo.
Ma quello che più lascia perplessi è la litania sulle difficoltà e i dilemmi che incontrebbe il PD, a seguito della soluzione finale escogitata da Ursula.
Quando la posizione dei democratici non è mai stata così lineare.
1) La commissione che verrà eletta è più conservatrice della precedente.
2) L’ Italia non può non avere un ruolo, almeno significativo, perché è l’ Italia.
3) Fitto deve dimostrare e affermare una sintonia con il programma della maggioranza europea di centrosinistra.
Una posizione sideralmente distante da quella assunta dalla Meloni 5 anni fa al momento della nomina di Gentiloni, allorché chiamò alla mobilitazione di piazza.
E questi commentatori non hanno avuto la schiena dritta per ricordarlo e per segnalare almeno che quanto a difesa dell’ interesse nazionale, e non di parte, la destra e la sinistra sono incommensurabili.
Ma tant’è. È uno dei dati di lungo periodo del nostro paese l’ indulgenza, delle cosiddette élite, verso la destra in tutte le sue articolazioni e l’ idiosincrasia verso la sinistra.
Il fatto cruciale, invece,  è che, soprattutto per le posizioni più moderate e conservatrici prevalenti nel partito popolare europeo, l’ avvio della nuova legislatura europea non lascia intravedere quella svolta epocale verso gli Stati Uniti d’Europa. Lo spazio è una categoria della politica e, qui e ora, è il tempo, non più degli stati nazione, ma degli stati continente.
E un nuovo ordine mondiale multipolare non può neanche essere pensato senza uno stato federato europeo.
Ed è allora assolutamente evidente che l’ idea della destra di una Europa delle nazioni è agli antipodi di quello che serve all’ Italia e al mondo.
Se questa è la sfida, il contributo di un commissario alla Fitto sarà
pari allo zero. Un funzionario nel tempo dei politici di grandi dimensioni.
Ma bisogna essere equanimi,  perché neanche dalle famiglie europee progressiste e liberaldemocratiche stanno emergendo statisti all’ altezza del compito sopra richiamato.
In quel mondo, però, c’è la consapevolezza, incipiente, che quella è la posta in gioco. Ed è un primo passo nella giusta direzione.
Il PD, con il suo gruppo parlamentare europeo, mi pare tra i meglio attrezzati per cominciare a percorrere questi sentieri.
Un altro dei meriti della segretaria Elly Scheiln.
Mi lascia, però, un po’ di amaro in bocca che, sulla risoluzione riguardante l’uso delle armi nella guerra in Ucraina, una parte, sia pure minoritaria del gruppo PD, abbia votato per legittimare attacchi a lungo gittata in territorio russo.
Nella grave inconsapevolezza che quello non è il modo per difendere l’Ucraina e gli ucraini, ma la premessa di una escalation, fornendo a Putin un alibi di ferro.
La classica eterogenesi dei fini.

Paolo Pagani della direzione regionale del PD.

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