Peste suina, cresce l’allarme. L’Unione Europea: «Misure insufficienti»

Sono cinque le regioni che devono fare i conti ancora con focolai di peste suina: Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Liguria e Toscana. Prandini (Coldiretti): «A rischio filiera da 20 miliardi e 100mila occupati».

Brescia. Sono cinque le regioni che devono fare i conti ancora con focolai di peste suina: Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna a cui si sono aggiunte Liguria e Toscana.
Nonostante la lotta alla malattia degli ultimi due anni, intensificata con abbattimenti, ampliamento della stagione della caccia, costruzione di trappole e barriere e maggiori fondi messi a disposizione dalle Regioni, un nuovo allarme è scattato 26 luglio con la scoperta di focolai anche in allevamenti di suini.

Il ministero della Salute ha alzato il livello di guardia. Nei giorni scorsi, in una nota indirizzata alle Regioni Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna, ha sottolineato la necessità di «rinforzare il sistema dei controlli disponendo una serie di misure straordinarie» dopo i «recenti focolai di Peste suina africana notificati in alcuni allevamenti di suini con orientamento produttivo da riproduzione, situati nelle province di Milano, Pavia, Novara e Piacenza». Le misure resteranno in vigore fino al 19 agosto, quando saranno rivalutate sulla base della situazione epidemiologica. 

Secondo l’Unione europea le misure dell’Italia per controllare la peste suina sono insufficienti. Il monito arriva dagli esperti dell’Eu Veterinary Emergency Team della Commissione Ue che, in un report elaborato dopo una missione in Lombardia ed Emilia-Romagna, evidenziano che «la strategia di controllo» della malattia «nel Nord Italia dev’essere migliorata». Serve un piano «comune» e «coordinato» per l’intera area, oltre a un «urgente piano B esteso per il controllo e l’eradicazione della malattia», scrivono gli esperti, aggiungendo che «l’epidemia sembra avanzare più velocemente delle misure» e «c’è da temere che si diffonda verso Est e Sud verso la Toscana».

maiali suini

«La nomina del nuovo commissario alla Peste suina africana è importante per mettere in campo tutte le misure necessarie a fermare quello che è un rischio mortale per la filiera e garantire indennizzi immediati agli allevamenti». È quanto afferma la Coldiretti nel rivolgere gli auguri di buon lavoro a Giovanni Filippini, attuale direttore generale per la Sanità animale del ministero della Salute designato a ricoprire l’incarico di fermare la diffusione della Psa. «Si tratta di una figura esperta del problema con la quale siamo pronti ad instaurare da subito una proficua collaborazione per adottare tutti gli interventi indispensabili per dare risposte ai nostri allevatori e all’intera filiera» sottolinea il presidente della Coldiretti, il bresciano Ettore Prandini. «Non è più accettabile, scrive la confederazione in una nota, assistere all’abbattimento di migliaia di animali sani a causa della diffusione del virus in una popolazione selvatica fuori controllo. A rischio c’è una filiera come quella suinicola italiana che è una delle più performanti dell’intero sistema agroalimentare nazionale con un valore tra produzione e indotto di circa 20 miliardi di euro, centomila posti di lavoro e 10 milioni di animali allevati che rappresentano il prodotto di base per la filiera dei grandi prosciutti Dop italiani (Parma San Daniele ma non solo) anche degli altri 20 tipicità Dop dei salumi». Il primo passo da compiere, secondo Coldiretti, è quello di erogare gli indennizzi dovuti alle aziende danneggiate dalla peste suina africana (Psa) ma la vera innovazione è prevenire, anticipare le difficoltà pensando a lungo termine e investendo nella ricerca, per evitare di dover sempre inseguire l’emergenza.

Coldiretti ricorda che «prima che la peste suina arrivasse in Italia, due anni e mezzo fa, avevamo chiesto di costruire recinzioni vicino alle principali infrastrutture viarie come ferrovie e autostrade. Se ciò fosse stato fatto, oggi non avremmo questi problemi». «Ora è essenziale che le regioni confinanti collaborino con azioni coordinate, solo così si possono superare le difficoltà che spesso sorgono quando le competenze non sono chiare e gli interventi sono ritardati – rimarca Coldireti, sottolineando che – occorre però anche ridurre la pressione dei 2,3 milioni di cinghiali ormai fuori controllo che rappresentano il principale veicolo di diffusione della Psa».

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