L’Italia messa in ginocchio da alluvioni e smottamenti, Lombardia maglia nera

Il nuovo report di Legambiente sui fenomeni climatici estremi fornisce numeri allarmanti. La Lombardia è la prima regione per esondazioni fluviali e frane da pioggia.

L’Italia è un Paese sempre più soggetto ad alluvioni e piogge intense; è quanto emerge dal “Rapporto Città Clima 2023” realizzato da Legambiente sugli eventi metereologici estremi. Il report ha quest’anno un focus particolare sul tema delle alluvioni, in 14 anni di monitoraggio i risultati sono allarmanti: il Paese è stato colpito da 684 allagamenti, 86 frane da piogge intense e 166 esondazioni fluviali. La Lombardia è tra le prime 3 regioni per numero di allagamenti (66 casi) e la prima per esondazioni fluviali (30) e frane da pioggia (12).

Si tratta di numeri preoccupanti, in un comunicato Legambiente definisce l’Italia “un gigante dai piedi d’argilla ad elevato rischio idrogeologico”: 1,3 milioni di persone vivono in aree a elevato rischio di frane e oltre 6,8
milioni di persone sono a rischio medio o alto di alluvione (dati Ispra). Dal punto di vista economico il Paese ha speso in dieci anni quasi 14 miliardi di euro per la gestione delle emergenze meteo (dati Protezione civile). Eppure, fa presente Legambiente, il governo Meloni ha scelto di dimezzare i fondi per il contrasto al dissesto idrogeologico, passati da 2,49 miliardi a 1,203 miliardi

Secondo Legambiente in Italia pesa l’assenza di una governance del territorio con una visione ampia. Per l’associazione ambientalista i due pilastri di una buona gestione sono la convivenza con il rischio (attraverso piani di emergenza comunali, informazione e formazione dei cittadini) e la consapevolezza che un territorio come quello italiano non ha bisogno di essere ulteriormente cementificato e impermeabilizzato, ma dell’esatto opposto. Al Governo lancia un appello urgente con 4 richieste:
1) Approvare in via definitiva il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, stanziando adeguate risorse economiche ad oggi assenti.
2) Approvare la legge sullo stop al consumo di suolo che il Paese aspetta da 11 anni. Occorre poi far rispettare il divieto di edificazione nelle aree a rischio, riaprire i fossi e i fiumi tombati, recuperare la permeabilità del suolo attraverso la diffusione di moderni sistemi di drenaggio che sostituiscano l’asfalto.
3) Superare la logica dell’emergenza e degli interventi invasivi e non risolutivi.
4) Costituire una regia unica delle Autorità di bacino distrettuale, attualmente marginalizzate, e rafforzare la collaborazione tra gli Enti.

“Le drammatiche emergenze registrate negli ultimi anni ci devono far riflettere sul modello di gestione del territorio”, dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, “Non è solo un problema di risorse economiche, come spesso si vuole far credere. Il problema principale sta nella logica della “messa in sicurezza”, con la quale si prova a difendere l’indifendibile, alzando solamente argini. Si ragiona in maniera idraulica, ma i calcoli delle piene stanno venendo spazzati via dalla crisi climatica più velocemente di quanto si pensasse”.
Una vera mitigazione del rischio idrogeologico si potrà ottenere solo restituendo lo spazio ai fiumi”, spiega Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente, “occorre agire con delocalizzazioni, desigillatura dei suoli impermeabilizzati, rinaturazione delle aree alluvionali, azzerare il consumo di suolo e non concedere nuove edificazioni. La ricostruzione delle aree colpite dalle alluvioni, a partire dall’Emilia-Romagna, deve essere l’occasione per ripensare la gestione del territorio, anche con coraggiosi cambi di uso del suolo, considerata l’ingente quantità di risorse pubbliche che saranno utilizzate”.
Non mancano le buone pratiche a cui guardare come modello. Tra queste Legambiente cita il programma di depavimentazione avviato a Milano e la riapertura del “Canale delle Convertite” a Treviso. Una simile azione è stata realizzata a Cardiff, in Galles, dove un canale di 180 anni fa è stato finalmente detombato.

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