Confapi Brescia: «Energia, difesa tassi. Le sfide europee dopo il voto»

Per Andrea Muratore grandi partite condizionano il futuro dell’Ue: le scelte industriali, lo sviluppo dell’agenda energetica, gli investimenti in Difesa. Ma c’è il nodo del costo del denaro e del ritorno del Patto di Stabilità.

Brescia. L’Unione Europea affronta attualmente quattro sfide di rilievo in seguito a un voto comunitario che ha evidenziato una duplice tendenza: a livello complessivo, la maggioranza “europeista” degli aspetti popolari-socialisti-liberali è stata confermata. Tuttavia, in diverse nazioni, soprattutto nei tre pilastri europei – Italia, Francia e Germania – si è registrato un deciso spostamento verso la destra, il che avrà indubbiamente impatti politici sistemici. In un’Europa in cui il Partito Popolare Europeo rimane la forza dominante a Strasburgo, e nell’attesa di scoprire chi guiderà le istituzioni dell’UE, è cruciale evidenziare come queste quattro sfide plasmeranno in gran parte il futuro del continente.

«La prima sfida – nota Andrea Muratore, analista di Confapi Brescia, – riguarda il destino delle grandi iniziative economiche e industriali. Dalla Next Generation EU al Chips Act, l’UE ha optato per regolamentare e promuovere finanziamenti e investimenti per fronteggiare una competizione globale che potrebbe spostare al di fuori del Vecchio Continente i principali motori dello sviluppo internazionale». Sorge quindi la questione se sia opportuno rafforzare l’ambizione comune europea, «soprattutto nei settori cruciali della connettività, del supporto all’infrastruttura e all’energia, nonché nelle produzioni condivise di valore strategico» afferma l’analista.

Un secondo aspetto di questi progetti riguarda l’energia e le politiche ambientali. «L’Unione Europea è attualmente un modello mondiale per quanto riguarda la transizione energetica, primeggiando nelle classifiche per efficienza energetica, riduzione delle emissioni nell’ultimo trentennio e promozione della consapevolezza degli standard», sottolinea Muratore. «Resta da risolvere il dilemma sulla priorità da attribuire a politiche che accelerino la transizione in modo prescrittivo o a scelte di agenda industriale, come il sostegno a una filiera innovativa che favorisca fonti energetiche come il solare e l’eolico», continua. Gli investimenti energetici dell’UE, stimati a 370 miliardi di euro all’anno dall’Agenzia Internazionale dell’Energia, dovranno ora determinare se, con il sostegno comunitario, saranno indirizzati verso fonti fossili o innovative.

Anche l’investimento nella Difesa è un aspetto fondamentale. «Dall’impegno di un miliardo e mezzo per l’acquisizione congiunta di armamenti all’incremento di piani congiunti sotto l’egida comunitaria, di cui Italia e Francia hanno spesso beneficiato, la Difesa comune europea esiste più come progetto industriale, seppur decentralizzato, che come struttura militare e operativa unificata», commenta Muratore. In questo contesto, è «probabile che l’UE spingerà per un aumento delle spese in Difesa tramite il bilancio comunitario e, da diverse parti, incluso Roma, si ipotizza che questo possa rappresentare il catalizzatore per reintrodurre il debito comune dopo il completamento della Next Generation EU».

Infine, tutto ciò è influenzato dalle mosse della BCE. La Banca Centrale Europea ha deciso di abbassare i tassi di interesse, invertendo la sua precedente posizione di “colomba” quando il costo del denaro non veniva toccato. «Le preoccupazioni dell’Eurotower riguardo a una possibile risalita dell’inflazione determineranno, nei prossimi mesi, i margini di manovra dei singoli governi e della Commissione, così come le prospettive di rigore del Patto di Stabilità europeo che tornerà in vigore quest’anno. Una minaccia imminente di cui forse non si è discusso abbastanza durante la campagna elettorale», conclude Muratore.

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