Sant’Agata, antica metafora di pietra

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di Mario Ubiali

Probabilmente ci siete passati davanti molte volte, ma lei vi ha guardato dall'alto dei suoi dieci gradini con la facciata impassibile, senza far nulla per invitarvi a incontrarla. Del resto quella pietra bianca e le due snelle colonne non sono certo sfacciate quanto altri luoghi bresciani, né il contesto attrae irresistibilmente verso la sua soglia. Perciò avete continuato a camminare nel sole, girandole attorno per sbucare in Piazza Vittoria, percorrendone il lato senza degnarla di uno sguardo. Ma provate a fermarvi un attimo proprio qui, all'angolo tra la piazza e via XXIV maggio: avrete una curiosa sorpresa. Un grosso arco di pietra bianca di Botticino sorge infatti dal piano del marciapiede e curva dolcemente ritornandovi. Oggi è parte integrante di questo lato dell'edificio, il vano riempito di pietre scure. Ma che cosa poteva esserci un tempo sotto quell'arco che, a ben guardare, è proprio sotto il presbiterio?

La Santa tra i tetti di paglia
La risposta è: acqua. Quella del torrente Garza, per la precisione. Una vena vitale per Brescia sin dall'antichità più remota
. Immaginate dunque la città longobarda nel sesto secolo dopo Cristo, funestato da carestie e povertà. Le mura brixiane arrivavano sino al margine orientale dell'attuale piazza Vittoria, lungo via X Giornate. Fuori, ammassate in gruppetti come a proteggersi vicendevolmente, sorgevano le casette del quartiere plebeo. Una comunità arroccata sulle sponde del torrente, del quale utilizzava l'acqua per macinare, lavare, conciare. E spesso per spegnere i terrificanti incendi che correvano voracemente da un tetto di paglia all'altro, come quello disastroso del 15 luglio 1184, che devastò il quartiere. Ebbene, già allora e forse da almeno cinque secoli, sorgeva tra le povere dimore una chiesa severa, voluta dai Longobardi ed intitolata ad una Santa catanese che si diceva avesse il potere di tenere lontani gli incendi: Agata, appunto. Per quasi mille anni la chiesa sorse sulle sponde del corso d'acqua, semplice tempio di campagna, immerso nel placido gorgoglio, tra orti, mulini e fucine.

La metamorfosi e l'impronta gotica
Poi nel '400 si decise di ricostruirla completamente, ampliandola per renderla degna di divenire un luogo di culto intra moenia. La paglia era scomparsa, lasciando il posto al legno e la pietra, mentre imperava in Italia quella che Raffaello avrebbe definito con grande disprezzo architettura "gotica", fitta di simbolismi e soluzioni stilistiche di barbara origine. Che cosa poteva essere più adatto per un edificio di origine longobarda? Ed ecco allora iniziare la totale ricostruzione, la severa facciata a capanna, la navata unica con volte a vela, gli alti pilastri a fascio, il portale sovrastato da tre statue rappresentanti le Sante Agata, Lucia e Apollonia. Non bastava, bisognava ingrandire l'edificio, ma dove i costruttori desideravano un importante presbiterio c'era il Garza con il suo corso millenario. Non ci fu bisogno di molta immaginazione: avrebbero costruito un ponte che facesse da base per l'ampliamento. Così fecero ed ecco spiegato quell'arco oggi cieco, sotto al quale per molti anni sarebbe passata la storia del vecchio quartiere. Ma se a questo punto i segreti di Sant'Agata potranno sembrarvi esauriti, vi siete lasciati come al solito distrarre dall'astuta Brescia.


La chiesa asimmetrica
Spingiamo le piccole porte ed entriamo nella semioscurità di un'ora quieta. Le tenui luci e il silenzio ci avvolgono insieme con meraviglia del matroneo che gira sui tre lati sopra la nostra testa. Di fronte a noi splende, al centro del presbiterio quattrocentesco, la grande pala ristrutturata nel 1997, che ritrae Sant'Agata in croce tra i Santi Pietro, Paolo, Lucia e Angese. E' un dipinto di luce, dai colori vivaci, tragico e pacifico insieme. Mentre lo osserviamo, ritti all'ingresso, una strana sensazione ci colpisce. Ci muoviamo per stare esattamente sull'asse che taglia longitudinalmente la chiesa. Rimettiamo a fuoco, ma la vertigine continua, anzi peggiora. Avvertiamo che la suntuosa decorazione barocca (commissionata ad Antonio Sorisene dal Parroco nel 1683) stride con l'allineamento dei pilastri e la parete di fondo dell'abside. Non osiamo pensarlo, poi ci facciamo coraggio: quell'ultima parte della chiesa, edificata sul fiume, é…storta! Sì, piega leggermente verso destra, nonostante l'evidente tentativo delle false architetture a fresco di rimettere tutto in ordine. Da bravi moderni immaginiamo un errore di calcolo, uno smottamento inaspettato, qualche diavoleria della fisica, che possa spostare un imponente edificio come fosse un fuscello. Ma quando chiediamo spiegazioni, abbiamo decisamente di che rimanere a bocca aperta: il presbiterio è volutamente inclinato. Si tratta di una caratteristica del simbolismo architettonico gotico, volto a mimare nella pianta asimmetrica del luogo la postura del capo reclinato di Cristo sulla croce. Una magica metafora di pietra, che sconvolge istintivamente tutte le regole di quella perfetta armonia che il buon Raffaello aveva cercato ferocemente di difendere. Certo, abituandosi alla piccola disarmonia, si apprezza ancora di più un valzer tra tele cinque e secentesche, sculture del quindicesimo secolo e affreschi dedicati alla Madonna della Misericordia, strappati alle mura antiche per essere collocati sugli altari.

Il vecchio album di famiglia
Sant'Agata ha qualcosa di tipicamente bresciano: la bellezza semplice nella sua complessità, quell'aria sobria e raccolta di luogo davvero sacro. Non possiamo non pensare infatti all'epoca remota in cui erano i poveri a popolare questo tempio, né i secoli trascorsi nel centro del quartiere medievale ed infine l'orrore degli sventramenti e l'arrivo dei nastri d'asfalto. In mezzo al tramestio della storia cittadina, la placida Sant'Agata ha raccolto con pazienza molte testimonianze e mostrato la propria peculiarità architettonica con fierezza e devozione. Il suo vecchio capo reclinato non sembra mostrare segni di debolezza e le piccole porte continuano a spalancarsi, per accogliere i viandanti più diversi nella splendida galleria d'opere d'arte. Con la sola preghiera di non disturbare l'antica signora del torrente, lei che ha protetto per secoli molte esistenze tra fiamme e guerre. E non dimenticare che la sua suntuosa bellezza è il frutto della fede di un popolo ostinato.

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