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Brescia Noir, sicari nel parcheggio delle Rondinelle

E un pomeriggio dell'estate del 1998. Un professionista del sud Italia viene freddato. Poi un altro cadavere in una macchina data alle fiamme.

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di Diego Serino
Sono le 20 di una normale sera di fine estate al centro commerciale Le Rondinelle, a Roncadelle, in provincia di Brescia. E’ l’anno 1998. Nel piazzale del parcheggio sono numerosi i clienti che stanno facendo gli ultimi acquisti della giornata. C’è chi arriva, chi carica le borse della spesa sull’auto, le famiglie e le coppiette venute a farsi un giro ma c’è, anche, chi, in quel parcheggio, non è arrivato per fare compere. Si tratta di Alessio Magistro, 54 anni, ex presidente di una municipalizzata di Taranto, caduto in disgrazia soli cinque anni prima per una questione di fatture gonfiate. Sposato, con tre figli, l’ex dirigente si è dato alla libera professione, è una sorta di affarista anche se i suoi giri non sono sempre limpidi.

L’uomo è arrivato la sera prima all’albergo Holiday di Sirmione sul Garda a bordo della sua Lancia Thema dopo un lungo viaggio da Marigliano, provincia di Napoli, dove vive da un paio di mesi. Pare che sia arrivato sul lago per un affare in ambito alberghiero. Ha un appuntamento con il suo ex avvocato Stefano Punzi, 42 anni, che è, anche, suo socio di una società di consulenza aperta a Taranto. Pure Punzi ha avuto i suoi problemi: è stato sospeso dall’ordine degli avvocati per una serie di parcelle non dovute dai clienti ma incassate. Anche lui alloggia all’Holiday ma per qualche motivo decidono di vedersi a Roncadelle. Forse Punzi, sulla sua Mercedes, è accompagnato anche un altro uomo. Magistro arriva per primo, parcheggia la sua auto tra due piazzole ed attende. Ad aspettarlo, tuttavia, c’è già qualcuno. Quando Magistro vede una moto con due ragazzi a bordo, il volto celato dei caschi, capisce quello che sta succedendo. Disperato prova ad armarsi con un cacciavite ma, ormai, è troppo tardi. Gli scaricano addosso 13 colpi di una Beretta “9 21 bifilare”. L’ex amministratore cade a terra, esanime, l’addome maciullato dai proiettili, mentre le persone presenti scappano nel panico.

Anche per Punzi le cose non vanno meglio: la Mercedes, data alle fiamme, con il corpo dell’ex avvocato carbonizzato, viene ritrovata in un campo di granturco a Brandico, paesino tra Brescia e Cremona. L’incendio ha carbonizzato anche la moto e l’arma utilizzate per l’omicidio di Roncadelle, che vengono rinvenute nel medesimo luogo. L’autopsia dirà che Punzi è morto per quattro colpi di arma da fuoco. L’arma è la stessa per ambedue gli omicidi. Gli investigatori si concentrano sugli affari dei due uomini e sui tabulati telefonici. Sono convinti: viste le modalità sicuramente c’è di mezzo la criminalità organizzata.

Dopo soli due mesi la svolta. Grazie alle indagini, infatti, le due vittime vengono associate ad un famoso fatto di cronaca di appena un anno prima: la rapina del secolo ai danni delle Poste centrali di Zurigo dell’autunno ’97. Un colpo da 60 miliardi delle vecchie lire messo a segno da una banda italo-albanese di caratura internazionale. In realtà la maggioranza della banda e la metà del bottino erano già stati recuperati ma, per quanto riguarda i restanti 30 miliardi era scattata una vera e propria faida tra i vari clan interessati al denaro. Punzi e Magistro avevano affari con la banda, riciclavano il loro denaro, ed erano stati uccisi proprio nell’ambito di questa faida che vedeva contrapposti i Belforte alla famiglia Piccolo. A finire in carcere per l’omicidio dei due sarà Domenico Belforte, 35 anni, boss del clan Mazzacane di Caserta, in soggiorno obbligato proprio nel bresciano, a Travagliato. Viene indicato come mandante, esecutore e regista del duplice omicidio. Domenico Belforte, successivamente, verrà accusato dal fratello Salvatore, passato dalla parte dei pentiti, di ben 25 omicidi commessi tra gli anni 70, 80 e 90. Attualmente il boss, nonostante i tentativi dei suoi legali di ottenerne la scarcerazione, dovrà scontare la bellezza di altri 48 anni tra le sbarre.

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