Lettere al direttore

Imprese italiane nella morsa del rating di stato

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    In qualità di presidente di un’Associazione che rappresenta le piccole e medie imprese, manifesto il mio disappunto per aver ricondotto la valutazione del merito di credito delle imprese, quindi conseguentemente la concessione del credito, esclusivamente ad un rating di Stato.
    Se da una parte ho ritenuto, così come ritengo tuttora, doveroso e nobile l’intervento dello Stato volto a facilitare l’accesso al credito delle PMI, dall’altro non posso accettare l’appiattimento e la discriminante a sole formule che elaborano dati di bilancio che per definizione fotografano l’impresa nel passato. Mi riferisco all’algoritmo alla base dell’accesso alla garanzia pubblica del Fondo di Garanzia. Questo scoring di Stato, che sta per mutare in rating di Stato con nuove formule che terranno conto non solo dei dati di bilancio delle imprese ma anche della centrale dei rischi di Banca d’Italia, di fatto suddivide tutte le piccole e medie imprese italiane tra garantibili dallo Stato, perché ritenute economicamente e finanziariamente sane e non garantibili, perché più fragili. Il punto è che servono correttivi al totale automatismo in cui lo Stato sta instradando la concessione del credito da parte delle banche alle PMI.

    Per anni la rappresentanza delle imprese, conseguentemente all’introduzione di Basilea II, ha sostenuto nei confronti del sistema creditizio che le aziende, in particolare quelle piccole, non potevano essere valutate solo sulla base di modelli di rating. Ci ritroviamo, oggi, che è addirittura lo Stato a catalogare tutte le PMI italiane tra meritevoli di credito e non. Non voglio apparire esagerato, ma è un dato di fatto. La Garanzia di Stato rende particolarmente vantaggioso per le banche finanziare le imprese ammissibili a tale garanzia perché gran parte delle eventuali perdite gravano sullo Stato e fin da subito risparmiano patrimonio. Conseguentemente le altre imprese, quelle non garantibili dallo Stato, non risultano di interesse per le banche perché finanziarle significa maggior assorbimento patrimoniale e nessuna copertura dell’eventuale perdita. Per essere chiari, condivido che uno Stato che impiega risorse pubbliche debba definire criteri volti ad un impiego efficiente di tali risorse. Che i criteri consistano però esclusivamente nell’elaborazione di numeri spesso datati (per norma, gli ultimi due bilanci approvati) non lo posso condividere.
    Mi ripeto: servono correttivi in grado di smussare le rigidità del modello che si è creato e quindi di valorizzare le informazioni e l’andamento più recente e prospettico delle imprese. In pratica chiedo che si valorizzi il presente e il futuro delle imprese, non discriminandole per il passato. Fare impresa significa vivere diverse fasi, alcune più favorevoli, altre meno. Gli «incidenti» di percorso sono parte dell’attività di impresa (ad esempio la riduzione del giro d’affari o la perdita d’esercizio) e questi non devono diventare di per sé una condanna se «frullati» dentro un elaboratore che sulla base di formule decreta sentenze. Faccio un esempio molto semplice, di buon senso: se una famiglia va in banca per chiedere un mutuo casa, è più opportuno che la banca valuti se il capo famiglia sta lavorando oggi o se abbia lavorato l’anno o i due anni precedenti e oggi sia disoccupato? Ecco, il rating di Stato guarda solo al passato e questo non è fare credito.

    In tale contesto, dato che non posso certo aspirare come presidente di una territoriale lombarda di incidere su una normativa di carattere nazionale, ho chiesto nei giorni scorsi alla Regione Lombardia, per il tramite dei consiglieri bresciani della maggioranza, di trovare una via d’uscita almeno a livello locale, attraverso quell’auspicata autonomia che potrebbe consentirci di avere competenze e risorse: la Lombardia ha a mio avviso i numeri per definire con i Ministeri competenti un adattamento delle modalità di intervento che possa ridare all’impresa quel diritto di essere singolarmente valutata. Ho chiesto alla Regione che si delinei una sezione speciale in Lombardia del Fondo di Garanzia che, anche con il coinvolgimento dei Confidi, possa consentire alle imprese valutate dalle banche e dai Confidi prospetticamente sostenibili, l’accesso alla Garanzia di Stato qualora automaticamente escluse dalla mera elaborazione di dati storici (rating di Stato).

    Douglas Sivieri, Presidente Apindustria Brescia

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