Arresti per ‘ndragheta, cellula tra Bergamo e Bs

Brescia sempre più come terra di infiltrazioni e non solo. In questo caso era uno scontro tra addetti che lavorano in ortofrutta. Si parla di estorsioni.

(red.) “Una parte degli imprenditori bresciani sono sensibili al metodo mafioso e usano proprio questo stile”. E’ una delle dichiarazioni del procuratore reggente di Brescia Carlo Nocerino in riferimento all’operazione che ieri, lunedì 11 marzo, ha portato a 19 arresti e 24 indagati per ‘ndrangheta e collegamenti tra il nord Italia e la Calabria. Un’indagine, quella condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Brescia tramite il magistrato Claudia Moregola, che ieri ha fatto giungere in città anche il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho. E il risultato finale ha visto appunto gli arresti tra le province di Bergamo, Brescia e Reggio Calabria. Tra i diciannove che si sono visti mettere le manette, a nove viene contestata l’associazione mafiosa e di cui quattro sono residenti nel bresciano.

Non si parla di infiltrazioni, ma di una cellula stabile e operativa tra Bergamo e Brescia. E tra i 24 indagati ci sono anche due donne ai vertici di un’azienda di Cellatica. L’intera inchiesta era partita dopo un incendio, del 6 dicembre 2015 a Seriate, nella bergamasca, contro quattordici camion della società di autotrasporti PPB. E subito il titolare aveva rivolto l’accusa contro Giuseppe Papaleo suo concorrente nel settore dell’ortofrutta. Figlio, tra l’altro, di un condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso e fratello di un ucciso nel 1994 in un agguato proprio di mafia. Così era emerso che Papaleo era il mandante di quell’incendio di Seriate, realizzato da tre bresciani reclutati da un altro compaesano, ora tutti arrestati. Tra l’altro, Giuseppe Papaleo non è nuovo alle inchieste e agli atti giudiziari dopo essere stato condannato in primo grado a otto anni di reclusione per estorsioni bresciane, mentre l’aggravante mafiosa cadde nel corso del processo.

Il suo nome nel 2013 era finito anche in un’inchiesta sui night, di cui il “Burlesque”. Attualmente si sta lavorando al processo d’appello dopo che l’imputato ha fatto ricorso contro la sentenza di primo grado. Tornando, invece, all’inchiesta che ha portato agli arresti di ieri, si parla di imprenditori in conflitto tra loro e che decidono di affidarsi a gruppi ‘ndranghetisti. Tanto che Settembrini, titolare della PPB, si sarebbe rivolto a un componente della cosca per contrastare Papaleo nella sua intenzione di estromettere proprio la PPB da una gara d’appalto della SAB per trasportare prodotti di ortofrutta. Dopo l’incendio l’inchiesta si è allargata al resto del nord Italia portando alla scoperta di come la mafia calabrese sia ben radicata.

E si è anche verificato come la maggior parte degli imprenditori che avevano subito estorsioni avessero cercato di negare o ridimensionare gli episodi. Una situazione, quella emersa dagli arresti e dall’indagine, che si unisce al preoccupante monitoraggio di Poli-S con l’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’università degli Studi di Milano a confermare come Brescia sia sempre più territorio di mafia. E’ prima in Lombardia e dodicesima in Italia, infatti, per crimini legati al cemento ed edilizia, smaltimento dei rifiuti e anche per le infiltrazioni nel settore turistico, soprattutto sul Garda. Anche nelle estorsioni Brescia è seconda in Lombardia solo a Milano, ma c’è spazio non solo per le associazioni mafiose locali, anche per quelle straniere, in particolare albanese.

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