Delitto Sana Cheema, accusati padre e fratello

Ieri il pg Dell'Osso ha presentato la chiusura delle indagini e ora si andrà verso il rinvio a processo. Strangolata per essersi opposta a nozze combinate.

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(red.) Nella giornata di ieri, giovedì 30 maggio, il procuratore generale di Brescia Pierluigi Maria Dell’Osso, al penultimo giorno di lavoro in tribunale, ha presentato la chiusura delle indagini nell’ambito dell’omicidio di Sana Cheema. Uccisa per asfissia da strangolamento dal padre 50enne Ghulam Mustafa e dal fratello 32enne Adnan Cheema, entrambi indagati in concorso. E il magistrato inquadra il reato come un delitto politico perché sarebbero stati soppressi i diritti civili della ragazza che era diventata cittadina italiana. E tutto questo nel contesto di un matrimonio combinato che la 24enne aveva sempre respinto.

Era il 18 aprile del 2018 quando la giovane si trovava in Pakistan da dove sarebbe dovuta ripartire il giorno successivo verso l’Italia e Brescia. Ma avvenne il delitto, sembra con un velo di seta, portando la magistratura asiatica ad aprire poi un processo nel corso del quale i parenti coinvolti vennero tutti assolti per mancanza di prove.

A quel punto anche la procura di Brescia aveva aperto un’indagine, poi avocata da Dell’Osso che ora, con la notifica di chiusura delle indagini, parla anche di aggravanti legate alla premeditazione e all’abuso di relazione domestica in un contesto di ripetute violenze. Infatti, il padre della ragazza è accusato anche di maltrattamenti dopo averla colpita, una volta, con un pezzo di legno a un fianco. Padre e figlio accusati sono in attesa della richiesta di rinvio a giudizio, ma anche irreperibili.

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