Tassa sulla plastica, “siluro contro le Pmi”

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    (red.) “La tassa sulla plastica è un siluro per le PMI del settore che distribuite nel tessuto produttivo Bresciano rappresentano migliaia di posti di lavoro e un giro d’affari secondo solo a quello della metalmeccanica. Non è certo con un’ulteriore tassa che si tutela l’ambiente e tanto meno si crea sviluppo”. Così Paolo Vismara, Presidente di Unionchimica APINDUSTRIA Confapi Brescia, commenta l’approvazione da parte del Governo nell’ambito della Manovra 2020 di una “plastic tax” pari ad 1 euro al chilo sugli imballaggi di plastica, dal primo giugno 2020.
    “Si sta strumentalizzando il tema della protezione ambientale e della transizione ecologica del Paese verso abitudini eco-sostenibili dei cittadini, a scapito della lucidità degli interventi e delle politiche adottate. La riconversione del nostro tessuto produttivo deve sfruttare la sostenibilità ambientale e l’economia circolare per creare nuovi posti di lavoro, e non essere mortificata da misure come la plastic tax che mettono in ginocchio le imprese che per questo rischiano di perdere migliaia di posti di lavoro”. 

    “Ci pare che il Governo sul cosiddetto Green New Deal non abbia una chiara visione politica di investimenti, soprattutto per il comparto della plastica che da tempo sta invece investendo nella ricerca anche nell’ottica dell’economia circolare per aumentare le frazioni di materie riciclate e riciclabili rispetto alle materie vergini.
    Ma c’è anche un problema finanziario, non si capisce come e perché, le imprese debbano pagare una nuova tassa sulla responsabilità estesa del produttore quando da più di 20 anni stanno pagando un sistema Consortile ‘obbligatorio’ che fa capo a CONAI/COREPLA e che comporta un costo, differenziato per tipologie di materiali ed imballaggi, dai 150 ai 500 euro a tonnellata. Non ha senso pagare una ulteriore tassa con analoga finalità che, per le poche informazioni che accompagnano la novità normativa, dovrebbe disincentivare l’utilizzo della plastica e favorirne la raccolta e riciclo dei prodotti.
    In prima linea è necessario fare informazione corretta, formare le persone e creare una cultura della produzione della plastica. Non tutti sanno per esempio che la produzione di imballaggi in carta risulta altrettanto impattante per l’ambiente se non addirittura con risultati peggiori. Mentre la scarsa conoscenza comune dei contenuti della recente direttiva sulla plastica monouso ha provocato una non corretta equiparazione tra plastica monouso e imballaggi in plastica in genere. Diverse ricerche hanno poi dimostrato che la sostituzione di plastica tradizione con plastica alternativa o addirittura altri materiali in determinati settori produttivi si scontri con limiti normativi, tecnologici e prestazionali (settore medicale, settore alimentare, ecc.). L’inquinamento dei mari, problema e catastrofe ambientale innegabile è legata a diverse tipologie di prodotti e non esclusivamente agli imballaggi plastici.
    Sicuramente se non si cambierà rotta, le imprese di questo comparto subirebbero un contraccolpo insostenibile. Non si tratta della difesa di un solo settore ma della necessità di evitare una nuova ed ulteriore crisi di imprese con imprevedibili contraccolpi sociali ed economici.
    È di primaria importanza quindi, che le aziende instaurino collaborazione tra di loro e che il Governo condivida con le associazioni, le imprese e i lavoratori del nostro comparto l’impatto delle proprie azioni per evitare un altro tracollo economico e sociale“.

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