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Peste suina, in Lombardia è emergenza: “La Regione ha agito tardi”

Secondo la consigliera regionale Paola Pollini la Giunta avrebbe ignorato i campanelli d'allarme, limitandosi a scaricare la responsabilità sui cinghiali.

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    Lombardia. La peste suina sta dilagando nelle provincie del Nord Italia, il virus della PSA si sta diffondendo in moltissimi allevamenti. La Lombardia, con i suoi 4 milioni di maiali, è la regione in cui la situazione potrebbe essere più grave.
    Mercoledì 27 agosto la polemica politica sull’emergenza si è riaccesa, con la consigliera regionale Paola Pollini che ha rilasciato una durissima nota.
    La critica alla Regione è duplice: le autorità della Lombardia si sarebbero mosse troppo lentamente e avrebbero ceduto alle pressioni degli allevatori.
    Quando due anni fa mettevamo in guardia sui rischi della diffusione del virus non siamo stati ascoltati. Quando in apertura di legislatura invocavamo misure concrete per il contenimento sono arrivati a riderci in faccia”, ha dichiarato Pollini.
    “Di fronte all’emergenza il centrodestra risponde nell’unico modo in cui è capace: sparando e nominando commissari”. Il riferimento è evidentemente alla deregolamentazione della caccia ai cinghiali, spesso additati come i principali portatori della malattia. Secondo alcuni si tratterebbe di un facile capro espiatorio, che permette di prendere due piccioni con una fava: favorire il settore della caccia e diminuire la pressione sugli allevatori.
    Ogni qual volta viene trovato un animale contagiato in un allevamento, tutti gli altri devono essere abbattuti e bruciati, procedura che naturalmente comporta una grandissima spesa. Il parere dei critici è che l’attuale epidemia sia stata favorita da alcuni imprenditori che avrebbero aggirato i controlli nel tentativo di ridurre i costi.
    In merito a questa interpretazione l’assessore regionale all’Agricoltura Beduschi ha dichiarato: “Sostenere che le misure di sicurezza sono rispettate dalla stragrande maggioranza degli allevatori, ma che bastano poche eccezioni per mettere in pericolo l’intera filiera, non è una bestemmia”.
    Ma non finisce qui: secondo molti ricercatori c’è la possibilità che alcuni tipi di caccia al cinghiale possano aggravare ulteriormente la situazione. Le battute di gruppo e la caccia in braccata causano un incremento notevole della mobilità degli animali, che trasportano così il virus in altre zone.
    Se vengono feriti dei cinghiali infetti il rischio cresce ulteriormente, così come nel caso in cui gli animali vengano uccisi e recuperati senza seguire tutte le misure di biosicurezza.

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