Cacciatori bresciani: “Sì ai controlli, ma senza abusi”

(red.) Sì ai controlli, no alle ispezioni irregolari. Questa, in sintesi, la richiesta dei cacciatori bresciani che, affiancati dall’avvocato Alberto Scapaticci, Marco Bruni, presidente di Federcaccia e Eugenio Casella di Acl, sono intervenuti  sui controlli effettuati dal personale del Soarda (Sezione Operativa Antibracconaggio e Reati in Danno agli Animali) dei Carabinieri Forestali.
Nel mirino delle associazioni venatorie “perquisizioni avvenute senza un decreto della magistratura”, ma anche, “attività di perquisizione svolte con 14 agenti ed estese anche oltre i locali di stretta pertinenza del controllo”. Episodi per i quali Federcaccia e Acl hanno presentato denuncia alla alla Procura di Brescia, per casi di “violenze, percosse, lesioni e altro”.

In particolare modo il riferimento è all’Operazione antibracconaggio “Pettirosso”, una campagna che viene ripetuta ormai da molti anni, prima con il Corpo forestale dello Stato e oggi con l’Arma dei Carabinieri, che prevede “Black-spot”, nel Piano d’Azione nazionale per il contrasto degli illeciti contro gli uccelli selvatici.
L’intervento dei forestali si svolge tutti gli anni tra settembre e ottobre nelle principali valli alpine e prealpine della provincia di Brescia: Val Camonica, Val Trompia e Valle Sabbia. Contrasta la predazione della piccola avifauna migratrice, sfruttata per comporre uno dei piatti tradizionali della cucina veneta e bresciana, polenta e osei: allodole, fringuelli, tordi, passeri, peppole, quaglie e altri piccoli volatili vengono cucinati allo spiedo o in padella. Molte specie siano protette e dunque la loro caccia è vietata, oppure  gli strumenti di caccia riultano illegali.

Lo scorso autunno, con la collaborazione di alcune associazioni ambientaliste (Cabs, Lipu, Legambiente, Wwf e Lac), di cacciatori e cittadini, sono state denunciate 106 persone nelle province di Brescia, Bergamo e Mantova. Sequestrati circa 400 dispositivi di cattura illegale e oltre 2 mila uccelli, di cui 800 esemplari vivi e 1.200 morti, tra cui numerose specie particolarmente protette da convenzioni internazionali, tutti catturati o abbattuti in modo illecito.

I controlli contestati dalle associazioni venatorie sono stati ripresi da telecamere di sorveglianza e mostrerebbero, secondo le doppiette bresciane, “abusi gravissimi a danno di anziani, accusati di maltrattamento di animali o alterazione di sigilli alle zampe degli uccelli”.
Le associazioni di cacciatori annunciano battaglia e la tutela dei “7mila capannisti di Brescia”.

 

 

 

 

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