Carceri, la lettera dei detenuti fa breccia in Mattarella: «Situazione indegna di un Paese civile»

Così il presidente della Repubblica durante la cerimonia del "Ventaglio", dopo avere ricevuto la missiva dei detenuti del carcere bresciano Nerio Fischione.

Brescia. «Vi è un tema che sempre più richiede vera attenzione: quello della situazione nelle carceri. Basta ricordare le decine di suicidi avvenuti quest’anno in poco più dei sei mesi».
Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla cerimonia del “Ventaglio” che si è tenuta nella mattinata di mercoledì 24 luglio a Roma.
«Condivido con voi – ha proseguito Mattarella – una lettera che ho ricevuto da alcuni detenuti di un carcere di Brescia: la descrizione è straziante. Condizioni angosciose agli occhi di chiunque abbia sensibilità e coscienza. Indecorose per un Paese civile, qual è, e deve essere, l’Italia. Il carcere non può essere il luogo in cui si perde ogni speranza, non va trasformato in palestra criminale».

Il Nerio Fischione (o Canton Mombello ) di Brescia ha un tasso di riempimento del 211% ed è considerata la struttura detentiva peggiore nel Paese. La condizione delle altre carceri lombarde è comunque tragica, con un tasso medio del 150%.
Questo secondo i dati aggiornati al 30 giugno del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), diffusi dal Ministero della Giustizia.
In una delle varie lettere inviate dai detenuti ai politici bresciani, ma anche alle amministrazioni e alle istituzioni, si legge: «Fa caldo, il sudore scivola sulla pelle e si appiccica con i vestiti addosso, sono madido e si sono ormai impregnati lenzuola e materasso, anch’essi di sudore come i miei panni e le nostre membra. Si boccheggia, in cella, e l’acqua che ci trasciniamo dietro, dopo la tanto sofferta e agognata doccia, evaporando riempie d’umidità l’angusto luogo. L’aria satura d’umidità, sudore, miasmi, la puoi tagliare con un coltello. In verità farlo è impossibile, i coltelli sono di plastica riciclata, e si rompono anche solo a guardarli. Devo andare in bagno, ma é occupato, altri 15 sono in fila davanti a me. Un anziano di circa 74 anni ha il mio stesso problema: purtroppo per lui, e per noi, non fa in tempo a dire che gli occorre con urgenza il bagno. Ha una scarica di dissenteria, mentre dimenandosi cerca di alzarsi a fatica dalla branda con il materasso vecchissimo in gomma piuma. In un attimo, lenzuola e materasso s’impregnano di liquame e urina, lui non sa come comportarsi, indifeso, imbarazzato, umiliato, impietrito, attonito. Piange, un uomo di 74 anni, i capelli radi e canuti, piange e si scusa, geme, si lamenta, impreca, bestemmia, chiede a Dio di morire».

E ancora: «In 15 e un solo bagno, un vero e proprio stabilimento balneare per germi e batteri; per loro è la condizione migliore, una festa, per noi forse un po’ meno. Questa combinazione è il cocktail perfetto per far insorgere discussioni, litigi e tutto quanto di brutto può conseguirne. Oltretutto il cesso è una vecchia turca fatiscente con sopra un tubo dell’acqua per farsi la doccia, che d’estate scotta dannatamente, e d’inverno è maledettamente fredda. A pochi centimetri, sempre nel bagno, cuciniamo i nostri pasti. Se è vero che quando tiri lo sciacquone le feci nebulizzate schizzano fino a 2 metri, allora cosa stiamo mangiando da anni? In fondo, però, è notevolmente migliore della sbobba che ci servono dal carrello».

«In 15 è pressoché impossibile permanere in piedi in cella, figuriamoci seduti tutti al piccolo tavolino per mangiare, quindi facciamo a turno. Nei turni, con noi, si accodano cimici, scarafaggi e altre bestiacce, che non ne vogliono sapere di rispettare la fila. Ben pensandoci, più che mancanza d’intimità, non stiamo forse parlando di una vera e propria violenza? Violentati, intimamente, mentalmente, moralmente, proprio in linea con l’articolo 27 della Costituzione (“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”, ndr.)».

 

 

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