Presunta frode fiscale milionaria, chiesto il rito immediato per Rossini

La Procura di Brescia ha chiesto il rito immediato per il 46enne di Gussago e per altre 13 persone accusate di avere ordito una frode fiscale da oltre mezzo miliardo di euro e l'evasione di tasse per circa 93 milioni di euro.

Gussago. La Procura di Brescia ha chiesto il rito immediato per Giuliano Rossini, 46enne di Gussago (Brescia), arrestato per una presunta frode fiscale milionaria, e per altre 13 persone, tra cui la moglie Silvia Fornero, 40 anni, il figlio Emanuele 22 anni e la cognata Marta Fornari, 30 anni.
La data della prima udienza è stata fissata per il 23 febbraio: se gli imputati chiedessero riti alternativi,  potrebbe slittare.
Il pm ha negato all’uomo il rito abbreviato (che consente, in caso di condanna, di applicare uno scontro di un terzo della pena), ma il Gip potrebbe anche decidere diversamente.

Stralciata la posizione degli altri indagati, una sessantina circa, coinvolti nell’inchiesta su un presunto “sistema” con il quale il gruppo sarebbe riuscito ad emettere fatture false per un valore di oltre mezzo miliardo di euro e l’evasione di tasse per circa 93 milioni di euro.
I “cash dog” avevano permesso di recuperare, in diverse perquisizioni, 15 milioni di euro, occultati sotto terra, in una soffitta e murati in una cantina.
L’uomo e la moglie hanno ammesso le proprie responsabilità. Le accuse di cui devono rispondere sono, a vario titolo, quelle di evasione fiscale, riciclaggio, autoriciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti e, anche, per alcuni soggetti, quella di associazione a delinquere.

L’indagine è partita da una serie di lettere (oltre un centinaio) che Poste italiane aveva inviato a una (presunta) società bresciana in merito a bonifici on line effettuati a favore di «conti esteri aperti presso istituti di credito asiatici».
In meno di un anno (dall’agosto 2018 all’aprile del 2019) la società con sede nel Bresciano aveva movimentato qualcosa come 34 milioni di euro: per chi indaga si tratterebbe, appunto, di «pagamento di fatture ritenute inesistenti».
Nel luglio 2020, Marco Pesenti, uno degli arrestati nel blitz compiuto dalle Fiamme gialle e dagli uomini dell’Arma, viene “pizzicato” con 153mila euro in contanti nascosti in uno scatolone all’interno dell’auto. E’ la svolta che permette ai finanzieri di scoperchiare il vasto giro di fatturazioni false.
L’uomo, infatti, ammette che si tratta del pagamento “in nero” di un fornitore. Si scoprono così 42 società fasulle: sei presunte cartiere, 12 create per riciclare denaro senza mai essere state effettivamente operanti, e 18 quelle che hanno permesso agli indagati un guadagno del 110% su quanto fatturato.

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