Gussago, soldi nascosti in giardino: la famiglia Rossini torna in carcere

Il Riesame ha accolto il ricorso del pm Claudia Passalacqua contro l’ordinanza con la quale lo scorso 7 febbraio il gup aveva concesso alla moglie, al figlio e alla cognata di Giuliano Rossini , rispettivamente, i domiciliari e la misura dell'obbligo di firma. Il pentimento non sarebbe sincero e non sono stati indicati i codici dei conti esteri nè i cellulari utilizzati per realizzare la frode fiscale da mezzo miliardo di euro.

Gussago. La loro ammissione di responsabilità nell’occultamento di denaro frutto di una evasione fiscale da mezzo miliardo di euro, e il fatto di avere indicato i luoghi in cui i soldi erano stati nascosti non è sufficiente per la scarcerazione.
Non tutto è stato detto e, per i giudici del Riesame chiamati a rispondere all’istanza di rilascio della famiglia di Gussago (Brescia) accusata della maxi frode, il pentimento di Giuliano Rossini, di sua moglie Silvia Fornari, del figlio Emanuele e della sorella della donna, Marta Fornari, non sarebbe sincero.
Il quartetto infatti non avrebbe rivelato i codici dei conti esteri che hanno pur ammesso di possedere e di avere utilizzato nella loro fuga prima a Panama e poi in Austria, prima di costituirsi alle forze dell’ordine, e nemmeno consegnato i cellulari dedicati al business delle false fatturazioni con cui avrebbero creato un danno erariale da 90 milioni di euro alle casse dello Stato.

Il Riesame ha quindi accolto il ricorso presentato dal pubblico ministero Claudia Passalacqua contro l’ordinanza con la quale lo scorso 7 febbraio il gup aveva concesso alla moglie, al figlio e alla cognata di Giuliano Rossini , rispettivamente, i domiciliari e la misura dell’obbligo di firma.
Rossini, in particolare, pur confessando la presenza di conti esteri, si era rifiutato di fornire il nome degli intestatari e le modalità per accedervi, mentre il figlio aveva cercato di “bonificare” i luoghi oggetto delle ispezioni delle forze dell’ordine da cimici e microspie posizionate, oltre a continuare ad effettuare le operazioni con le false fatture ed incassarne gli illeciti proventi.
Per la famiglia Rossini i giudici rilevano «una spiccata propensione ed attitudine all’illecito, che non ha trovato alcun argine neppure a fronte della conoscenza della loro imminente cattura. Tanto prefigura un’allarmante pericolosità sociale e pregnanti esigenze cautelari». A seguito del diniego del tribunale per la libertà  Luisa Fornari deve dunque ritornare in carcere, mentre la sorella Marta ed il figlio Emanuele ai domiciliari.