Detenuto si tolse la vita in cella: «Suicidio annunciato, no all’archiviazione»

I legali della famiglia di Roberto Franzè, 45 anni, che l'8 dicembre 20121 si impiccò nel carcere di Ascoli Piceno hanno presentato obiezioni contro la richiesta di archiviazione della posizione del direttore della casa circondariale marchigiana.

Brescia. E’ una storia drammatica quella che viene dal carcere di Ascoli Piceno e che ha come protagonista un detenuto bresciano di 45 anni, Roberto Franzè che, l’8 dicembre 2021, si è tolto la vita nella sua cella.
Mercoledì mattina, al tribunale marchigiano, è stata presentata l’opposizione alla richiesta di archiviazione del procedimento sul suicidio di Franzè, che era detenuto su mandato di custodia cautelare emesso dal gip bresciano nell’ambito di un’indagine su usura ed estorsione, denominata “Atto finale”.

Il detenuto, più volte, aveva manifestato le sue intenzioni suicidarie attraverso lettere inviate alla procura di Brescia e ai familiari in cui scriveva «non ce la faccio più, non posso continuare così». L’uomo era arrivato a pesare 50 kg e si trovava in un grave stato di prostrazione fisica e psicologica e aveva presentato istanza per chiedere una misura cautelare che gli consentisse di stare con la propria moglie e la propria famiglia, anche per le proprie gravi condizioni di salute.
Originario della provincia di Vibo Valentia e ritenuto vicino alla cosca Romano, Franzè, con numerosi precedenti alle spalle, stava scontando una condanna definitiva per reati legati alla criminalità organizzata, con fine pena prevista nel 2023.
L’8 dicembre di tre anni fa, approfittando dell’assenza dei compagni di cella, usciti per l’ora d’aria, si è impiccato alle sbarre, usando le lenzuola.

Nell’udienza di mercoledì, gli avvocati Anna Marinelli e Gianbattista Scalvi, difensori dei familiari di Franzè, hanno sollevato obiezioni riguardo alla richiesta di archiviazione del procedimento avanzata dalla Procura di Ascoli Piceno nei confronti del direttore pro-tempore del carcere in cui era detenuto Franzè, senza che questi risultasse nemmeno formalmente iscritto nel registro degli indagati. Una anomalia rilevata anche dal giudice che ha deciso di rinviare l’udienza al 5 giugno chiedendo chiarimenti alla Procura di Ascoli.
Secondo gli avvocati bresciani, è necessario verificare se i protocolli di prevenzione dei suicidi vengano effettivamente applicati.

 

 

 

 

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