“La miglior difesa è la pace”, l’esordio del ‘Coordinamento bresciano contro le guerre per il disarmo’

"Ci illudevamo che le molteplici guerre, la terza guerra mondiale a pezzi, citando Papa Francesco, potesse rimanere lontana da noi", scrivono i pacifisti nel loro documento. E poi spiegano la propria posizione.

Brescia. Per la sua prima uscita pubblica, il ‘Coordinamento bresciano contro le guerre per il disarmo’ ha diffuso un lungo documento di analisi dal titolo “La miglior difesa è la pace” che esordisce ricordando che in questi giorni ricorre l’anniversario della ritirata di Russia della seconda guerra mondiale. E’ impossibile farne una sintesi, quindi eccone il testo integrale.
“Fino alla guerra in Ucraina ci illudevamo che le molteplici guerre, la terza guerra mondiale a pezzi, citando Papa Francesco, potesse rimanere lontana da noi. Oggi si fa sempre più vicina e con l’ulteriore minaccia di un’escalation nucleare. Quello che leggevamo nei libri di Rigoni Stern e ci commuoveva, ci riportava ad una situazione che credevamo appartenere solo al passato. Le marce nella neve, i compagni morti, l’episodio in cui, tormentato dalla fame, bussa alla porta di un’isba ed entrato, si accorge con sgomento che la casa è piena di soldati russi. Tutto ciò che appariva passato adesso si ripresenta, bussa alla nostra porta e riporta al presente quello che avevamo creduto di poter dimenticare: la morte e la miseria nella popolazione, i soldati male equipaggiati, con scarpe di cartone mandati a morire di stenti e di freddo, prima ancora che nei combattimenti, la distruzione, le sessanta milioni di vittime, la maggior parte civili, della seconda guerra mondiale”.

“Lo scenario di un conflitto sul fronte orientale appare sempre più plausibile. È ciò che emerge in modo evidente dalla dichiarazione conclusiva del vertice Nato di Vilnius del luglio scorso. Quando si parla di difesa, occorre inevitabilmente considerare le posizioni dell’Organizzazione del trattato nord Atlantico”.
“Nel dossier sugli accordi di Vilnius si legge: ‘Il Concetto strategico Nato 2022, adottato nel corso del richiamato Vertice di Madrid è un documento fondamentale per l’Alleanza, poiché riafferma i valori e le finalità dell’Alleanza partendo dalla valutazione dell’ambito di sicurezza in cui si trova a operare, guidandone l’adattamento strategico ai mutamenti della situazione internazionale e il suo futuro sviluppo politico e militare. Una delle principali differenze tra il Concetto strategico del 2022 e il documento strategico del 2010, è l’affermazione che la Nato non considera più Mosca come un potenziale partner, ma al contrario come la minaccia più diretta nei confronti della sicurezza dei Paesi alleati e della pace e stabilità dell’area Euro-atlantica‘. Da qui l’esigenza di un dispiegamento di forze sul fronte orientale, il richiamo alle armi del personale in capo all’esercito fino a cinque anni fa, persino le esercitazioni di questi giorni degli alpini sul Monte Maddalena, in previsione di una più ampia esercita zione questa estate in Ungheria. La Cina è citata per la prima volta nella storia del Concetto Strategico Nato quale ‘sfida ai nostri interessi, sicurezza e valori’“.

“Come garantire la pace? Appare chiaro che la strategia sinora adottata dalla Nato non è servita a portare la pace, ma ad un proliferare di focolai di guerra. Senza voler entrare nel merito del conflitto in corso e delle cause, si parla di una reazione della Russia al progressivo ‘processo di adesione alla Nato e l’allargamento all’Europa orientale’, come riferisce anche il dossier sugli accordi di Vilnius”.
“Potremmo d’altronde vedere la Nato sotto un altro profilo, ovvero come una società finanziaria, che attinge il suo capitale dal 2% del Pil che ogni stato membro deve garantire all’organizzazione, con una propria missione definita dal ‘concetto strategico’ e che investe, ma non come indicato negli articoli 4, 5 e 6 del trattato nord Atlantico, per garantire l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti, ma a difesa dei nostri interessi, come si legge a proposito della Cina”.
In questo quadro apprendiamo dal Dipartimento di Stato Usa che, nel 2023 gli Stati Uniti hanno guadagnato una cifra record pari a 238 milioni di dollari dalla vendita di armi all’estero: il governo federale ha venduto armi per 80,9 miliardi di dollari, con un aumento del 56% rispetto al 2022; circa 157 miliardi di dollari sono stati direttamente negoziati da aziende statunitensi e nei cinque anni dal 1018 al 2022 il 40% del commercio mondiale di armi fa capo agli Stati Uniti. Nel contempo, gli stati che aderiscono alla Nato devono spostare una parte cospicua del loro bilancio nella difesa, venendo meno al finanziamento dello stato sociale e con un progressivo  impoverimento della società nel suo insieme: la povertà assoluta continua ad allargarsi a fasce sempre più ampie della popolazione. L’equazione fra spese militari e distruzione dello stato sociale passa in massima parte dall’impegno dell’Italia nelle missioni militari a servizio dell’impero della Nato, che ha come capofila gli Stati Uniti”.

“Tuttavia la difesa di singoli interessi non può coincidere con i fini e principi sanciti nello Statuto delle Nazioni Unite, cui per altro anche la Nato dovrebbe fare riferimento. Lo si arguisce senza dubbio dagli avvenimenti innescati dall’ultimo conflitto. ‘Con un gesto eccezionale, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres aveva esortato gli Stati membri del Consiglio di Sicurezza a chiedere un cessate il fuoco immediato nella Striscia di Gaza per impedire la degenerazione della ‘catastrofe umanitaria’ in corso. Ma gli Stati Uniti si sono assunti, da soli, la responsabilità di bloccare ancora una volta l’azione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite“.
“L’ultimo conflitto, quello di Gaza, ormai allargato alla Cisgiordania e a molteplici altre aree del Medioriente, ci pone di fronte a interrogativi fondamentali.
Il primo è come l’Europa e al suo interno l’Italia si pongono rispetto a quello che si profila come un genocidio su base etnica del popolo palestinese. A definirlo come tale sono le Nazioni Unite, per prime, una serie di organizzazioni internazionali umanitarie e per la difesa dei diritti umani, tra le quali la stessa Unhcr, Agenzia Onu per i Rifugiati e la corte dell’Aia, nel momento in cui ha accolto la denuncia del Sud Africa, appoggiata da altri 57 paesi.
Il secondo interrogativo riguarda l’effettiva autonomia dei singoli paesi che compongono la comunità europea all’interno della quale sono possibili il dibattito e prese di posizioni differenti e come si concilia l’appartenenza dei medesimi (ma non tutti gli Stati europei aderiscono anche alla Nato), all’alleanza Atlantica, che sotto l’egida di stati che non appartengono all’Unione Europea, si pongono in una posizione antitetica rispetto a ciò che viene dibattuto in Europa e in ogni stato dell’Unione. Tanto più in un contesto in cui la Nato è in continua espansione, ben oltre il perimetro originario del nord Atlantico”.

Gli interrogativi aperti da questo conflitto spaccano l’Europa. Abbiamo sentito le dichiarazioni della presidentessa del consiglio Meloni a proposito dell’intervento nell’operazione Aspides: ‘è prevalentemente di politica di difesa. Da lì transita il 15% del commercio mondiale, impedire il passaggio dei prodotti significa un aumento dei prezzi spropositato, non possiamo accettare la minaccia degli Houthi nel Mar Rosso. L’Italia ha sempre sostenuto la difesa della libertà di navigazione, lo facciamo nell’ambito delle nostre normative. Per questa missione europea di difesa non dobbiamo passare in Parlamento, ma quella di iniziativa statunitense avrebbe significato un passaggio parlamentare. L’Italia c’è, si assume le responsabilità'”.
“Difesa, ma con la possibilità di aprire il fuoco, in una situazione in cui le navi italiane non sono direttamente minacciate e ancora una volta non sussistono le condizioni che giustifichino un intervento armato, non secondo quanto sancito dalla nostra Costituzione. Noi vogliamo tornare all’articolo 11 della nostra Costituzione, scritto subito dopo la guerra, a quei principi fondamentali, anticorpi in grado di metterci al riparo da ideologie che ricorrono al conflitto armato, come risoluzione dei problemi e per la difesa di interessi specifici negli equilibri di potere internazionali: ‘L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo’. Il racconto di Rigoni Stern si conclude così: ‘Entrato nell’isba, si accorge con sgomento che la casa è piena di soldati russi, intenti a una misera cena’. Ma la fame è più forte della paura, e chiede da  mangiare. Una donna ‘prende un piatto, lo riempie di latte e miglio, con un mestolo, dalla zuppiera di tutti’, e glielo porge in silenzio. Questo straordinario episodio tratto da ‘Il sergente nella neve’ ci ricorda come, anche nella fase più drammatica di una guerra mostruosa, l’essere umano possa restare tale, e conservare il senso di una solidarietà salda e profonda con il proprio simile”.