Maltrattate perchè “non brave musulmane”: confermate in Cassazione le condanne ai familiari

Le quattro ragazze avevano denunciato il comportamento dei genitori e del fratello, che le avevano anche minacciate di "fare la stessa fine di Sana", uccisa in Pakistan per aver rifiutato un matrimonio combinato.

Brescia. Avevano denunciato padre, madre e fratello per maltrattamenti. Quattro sorelle avrebbero subito ripetute violenze perché, secondo il giudizio dei familiari, non si sarebbero comportate da “brave musulmane”.
La Cassazione, nella giornata di martedì, ha confermato le condanne a 5 anni di carcere per i 3 imputati (tutti con cittadinanza italiana) per i maltrattamenti alle sorelle. Le giovani sarebbero state picchiate (schiaffi, pugni, tirate di capelli) perchè si sarebbero rifiutate di vestire gli abiti tradizionali pakistani e di recitare ogni giorno le Sure del Corano. La sorella maggiore aveva denunciato che i genitori ed il fratello l’avevano minacciata di “fare la stessa fine di Sana Cheema, la giovane uccisa in Pakistan perchè si era opposta ad un matrimonio combinato dai genitori.
Gli ermellini hanno stabilito che «I soggetti provenienti da uno Stato estero devono verificare la liceità dei propri comportamenti e la compatibilità con la legge che regola l’ordinamento italiano. L’unitarietà di quest’ultimo non consente, pur all’interno di una società multietnica quale quella attuale, la parcellizzazione in singole nicchie, impermeabili tra loro e tali da dar vita ad enclavi di impunità».

 

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