Omicidio Lombardo: “Processo da rifare”

Chiesto un nuovo giudizio per il figlio della vittima e tre fratelli, Claudio, Pasquale e Giovanni Palumbo già condannati per tentato omicidio, omicidio colposo e incendio d'auto.

(red.) L’accusa ha chiesto di annullare la sentenza di primo grado per l’omicidio di Gioacchino Lombardo, 51enne di origine siciliana residente a Brescia, trovato morto nella sua Fiat Tempra Sw data alle fiamme nelle campagne di Bereguardo, in provincia di Pavia, nel luglio del 2003.
Questo perché il reato in oggetto, omicidio volontario, aggravato dal legame di sangue in quanto uno degli imputati è il figlio della vittima, è di competenza della Corte d’Assise e non invece del Tribunale dove si è svolta la prima parte del procedimento penale nel corso del quale sono state ritenute responsabili della morte del 51enne quattro persone, il figlio della vittima, appunto, Vincenzo Lombardo, di 34 anni, e tre fratelli, Claudio, Pasquale e Giovanni Palumbo, legati alla madre del ragazzo.
I fatti si sono svolti nove anni fa al Villaggio Prealpino, in via Prima. Gioacchino Lombardo venne prima picchiato dal figlio e da altre persone in una disputa legata ad una giovane rumena, portata in Italia dalla vittima.
Successivamente, però, la donna aveva intrecciato una relazione con il figlio dell’uomo, Vincenzo e, proprio per questo motivo, era nata la discussione che ha portato al tragico epilogo.
Lombardo venne picchiato a calci e pugni, quindi legato e caricato dal figlio nel portabagagli della Tempra con l’aiuto degli altri uomini e, a Bereguardo, nel Pavese, l’auto venne data alle fiamme, mentre Gioacchino era ancora in vita, diversamente da quanto pensavano i suoi aggressori che ritenevano l’uomo fosse morto a seguito del violento pestaggio.
Che Lombardo fosse ancora vivo quando la macchina venne data alle fiamme lo ha stabilito la autopsia, che evidenziò tracce di gas da combustione nei suoi polmoni. Nel 2004, durante l’udienza preliminare, proprio  a seguito dei risultati dell’esame autoptico, l’accusa venne derubricata in tentato omicidio e omicidio colposo.
Nel febbraio 2005 Vincenzo Lombardo era tornato libero per decorrenza dei termini e, nel frattempo, il caso aveva subito uno stop dovuto al trasferimento del pm. Il processo riprese con la riassegnazione del caso e con i successivi accertamenti dai quali è emerso il ruolo del compagno della madre di Vincenzo Lombardo e dei due fratelli del convivente. Da qui la successiva condanna a 23 anni e un mese di reclusione per ciascuno dei quattro imputati per omicidio volontario.
La difesa ha però contestato la richiesta e rilevato il difetto d’appello da parte della Procura nonchè la prescrizione del reato di omicidio colposo. Per i fratelli Lombardo, in particolare, mancherebbero prove a loro carico, unite a “vizi di indagine”.
La sentenza è attesa per il 31 gennaio.

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