A2A, scatta la verifica del “dopo Zuccoli”

Sul tavolo del comune di Brescia e di Milano si gioca la partita per la gestione della società prima di maggio, quando è fissata la scedenza dei consigli.

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(red.) A2A ragiona ancora su come procedere alla sostituzione dell’ex presidente Giuliano Zuccoli, dimessosi mercoledì con una mossa a sorpresa dalla guida della multiutility lombarda.
Lo statuto prevede, in caso di cessazione dalla carica di un consigliere di gestione, che il consiglio di sorveglianza provveda ”senza indugio” alla sostituzione scegliendo ”ove possibile, tra i candidati non eletti tratti dalla lista cui apparteneva il componente” cessato.
La lista ‘milanese’, a cui Zuccoli apparteneva, includeva tra i non eletti Alessandro Ermolli, Carlo Secchi, Patrizia Savi e Michele De Censi. Al momento non risulta ancora convocato il Cds chiamato a prendere una decisione sul tema.
All’interno della multiutility, tra l’altro, non sembra esserci certezza se Zuccoli abbia lasciato solo la carica di presidente, restando consigliere (nel qual caso non sarebbe necessario il reintegro).
Il comunicato stampa di mercoledì, parlando di dimissioni da ”tutte le cariche”, sembrava però escludere questa possibilità. Tra le ipotesi che circolano, che appaiono però incompatibili con le previsioni dello statuto, c’è anche quella di lasciare il posto di Zuccoli vacante, anche in considerazione del fatto che i consigli sono in scadenza in primavera. I poteri di gestione sono in ogni caso assicurati dai direttori generali, Renato Ravanelli e Paolo Rossetti.
Sull’addio di Zuccoli, annunciato con una lettera in cui il manager valtellinese si lamentava per i ripetuti attacchi subiti dall’assessore al Bilancio del Comune di Milano, Bruno Tabacci, è tornato il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia. ”Si tratta di dimissioni per motivi personali che tutti conoscono”, ha detto, “e io sono vicino a Zuccoli e lo ringrazio per quello che ha fatto per A2A e per Milano”.
Pisapia ha anche annunciato l’apertura del bando pubblico per presentare le candidature a consigliere di sorveglianza di A2A.
Chi vorrà farsi avanti avrà tempo fino al 29 febbraio e dovrà ”dimostrare esperienza e competenza professionale almeno quinquennale di direzione, gestione, controllo, insegnamento e ricerca in organismi del settore pubblico o privato, in relazione al settore di attività, alle peculiari caratteristiche e alle dimensioni e responsabilità della società”. A Brescia, l’altro comune azionista di A2A, dove questi requisiti non sono richiesti dal bando, il termine entro cui candidarsi è fissato al 16 marzo.
Il “dopo Zuccoli” appare come il punto per Brescia da cui aprire un confronto, finora solo accennato, sul futuro ruolo del comune nella compagine societaria.
Una verifica che è, al contempo, anche interna al comune stesso. E se le ipotesi avanzate qualche tempo fa prevedevano che alla Leonessa spettasse la regia sul settore ambiente a a Milano quella sull’energia, ora scatta il conto alla rovescia dei 100 giorni alla data di scadenza prevista da qui all´assemblea del 29 maggio.
Quello che si vuole evitare sono le “nomine in bianco”. E se pare trovarsi un punto di convergenza tra le posizioni e le richieste della Lega Nord e quelle del Pd sulle scelte strategiche per la multiutility, dall’altra però il Pdl non si è ancora espresso, e il sindaco Adriano Paroli tace, l’unica voce è quella dell’assessore Di Mezza che oltre a criticare l’atteggiamento del suo omologo milanese Bruno Tabacci, “troppo loquace” sulla partita di A2A, “scarica” anche l’ipotesi di una maximultiutility che Milano sembra accarezzare.
La prossima settimana, in Loggia, il gruppo del Pdl discuterà del tema A2A: sul tavolo la situazione a quattro anni dalla fusione della bresciana Asm con la meneghina Aem al momento dell’uscita di scena di Zuccoli, che ha registrato la riduzione del prezzo per azione del 74,52%. Dal debutto in Borsa nel 2008  il capitale aziendale è passato da circa 9,8 miliardi ai 2,4 miliardi attuali.
Il comune di Brescia (che è uno degli azionisti maggiori) ha perso oltre 2 miliardi di euro passando da 2,7 miliardi ai circa 671 milioni di euro odierini. Similare perdita, in parallelo, è stata registrata anche dall’amministrazione comunale di Milano che detiene una quota paritaria.

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